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La primavera del lupo

La primavera del lupo
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27 punti carta PAYBACK
Brossura:
295 Pagine
Editore:
Sellerio Editore Palermo
Pubblicato:
09/05/2013
Isbn o codice id
9788838930546

Descrizione

"Dario ha le orecchie a sventola e quindi non può avere ucciso Gesù". E la voce esilarante e appassionata di Pietro, un bambino di dieci anni, orfano, che racconta la storia. Tutto comincia nel convento di San Francesco del Deserto, una piccola isola al centro della laguna di Venezia, nel marzo del 1945. Da questo rifugio sicuro, all'improvviso, un gruppo di persone diversissime fra loro è costretto a scappare: due bambini di opposta indole ed educazione, Pietro e il suo amico Dario, "che sa i numeri" e si tiene le parole dentro, "dove non fanno danno"; le due anziane sorelle Jesi, Maurizia e Ada; una giovane suora, bella e dai modi sospetti, che scrive un diario schietto, e che si alterna nel racconto con la voce di Pietro. Braccato dai nazisti, il gruppo è aiutato da un pescatore "che vive come un gabbiano" e da un frate energico "che è come un sasso grande" nella corrente. Nei risvolti tragici dell'avventura si unisce ai fuggiaschi un disertore tedesco, che custodisce un segreto pericoloso: il suo agire brusco e terribile cambierà il destino di tutti. Sotto lune immense, attraverso boschi bui e casolari diroccati, si svolge l'inseguimento, tra colpi di scena e incontri con partigiani e fascisti disorientati: uomini e luoghi carichi di diffidenza e di terrore, ma dove una traccia di bontà, di tanto in tanto, a dispetto di tutto, riesce a sopravvivere. La storia di Pietro e di Dario è una fuga dalla guerra e dal suo linguaggio torbido e ottuso, dalla violenza che tutto contamina.

La nostra recensione

Anche il secondo romanzo di Andrea Molesini - non contiamo i tanti meritevoli libri per ragazzi che l’autore ha pubblicato in precedenza e di cui qua si sente un’eco sottile e penetrante - ha un’ambientazione di guerra. Non più i toni classici, patriottici e vagamente romantici di Non tutti i bastardi sono di Vienna all’epilogo della Grande Guerra, ma piuttosto le atmosfere vibranti, drammatiche, violente dei giorni prima e dopo la Liberazione e la fine della Seconda guerra mondiale. Alla scrittura ardita e di nobile consistenza del primo romanzo, qui segue una scrittura evocativa e ingenua, affidata al racconto in prima persona di Pietro che, per descrivere la paura e la morte, usa il linguaggio diretto e incontaminato dei bambini, lo sguardo disarmante e sincero dei suoi occhi innocenti. La rocambolesca fuga dettata da una sorte ingrata porta Pietro e lo sparuto gruppo di ‘buoni’ che sono con lui a confrontarsi con i ‘cattivi’ in divisa che parlano una lingua ‘da porcospino’ e che sono gli uomini di A-H. Nel linguaggio dell’infanzia solo in apparenza sembra che il dolore si annulli; è vero il contrario, il linguaggio dei bambini non conosce compromessi e se usa immagini confortanti (il lupo del titolo, per esempio) è solo per protezione, rendendo ancora più manifesti l’odio e la paura che sconvolgono la vita degli uomini. Alla voce di Pietro si alternano le pagine del diario di suor Elvira, che Pietro ben presto capisce non essere una vera suora, perché anche se ha solo dieci anni sa bene che una suora non porta lunghi capelli rosso fuoco sotto il velo e non può essere così bella. Elvira scrive con ben altro linguaggio, scrive con disperazione, con inquietudine, con la paura che quel segreto da cui scappa possa riemergere e con l’ansia che l’amore che prova per quel tedesco disertore, misterioso e sensibile, possa perderla definitivamente. Pietro ed Elvira, i bambini e le donne, le vittime predestinate della guerra e della violenza, le sole voci, però, che sanno levarsi contro, che sanno dire, con la speranza del ciclo della vita, “per fortuna ci sono i bambini”.
Antonio Strepparola