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Carlo Levi. «Siamo liberati». Cinquanta opere dalla Resistenza alla Repubblica. Catalogo della mostra (Napoli, 29 settembre-29 ottobre 2005)

Carlo Levi. «Siamo liberati». Cinquanta opere dalla Resistenza alla Repubblica. Catalogo della mostra (Napoli, 29 settembre-29 ottobre 2005)
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52 punti carta PAYBACK
Brossura:
158 Pagine
Editore:
Meridiana Libri
Pubblicato:
01/01/2005
Isbn o codice id
9788886175852

Descrizione

Dal dopoguerra ad oggi Carlo Levi non ha cessato di essere un nome noto al grande pubblico (i lettori di una certa età, gli studenti delle scuole, gli pettatori del film di Rosi), ma quasi solo come scrittore (e spesso confuso con Primo Levi), e per di più come scrittore di un solo libro, seppure celeberrimo ("Cristo si è fermato a Eboli"). La sua attività di pittore, poeta, analista della politica e del costume, la sua attività di parlamentare solo di recente cominciano ad essere conosciute al di fuori del mondo degli addetti ai lavori. In questi ultimi anni il lavoro critico su Carlo Levi ha avuto ragione di una lunga, sterile fase agiografica che potremmo chiamare "levismo romano", operante dai primi anni sessanta gli anni del consolidamento del successo di Levi. Il "levismo romano" era stato ideato e veniva alimentato dalla cerchia di persone che frequentavano quotidianamente Levi a Roma. Scorendo alcuni cataloghi delle sue mostre di quegli anni, si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad una sorta di genere letterario provvisto di stilemi prori, una caricatura involontaria della prosa di Levi, confuso per di più con Umberto Saba, ma un Saba a sua volta caricatura di se stesso. Nell'incapacità di svolgere un discorso analitico, ci si è esercitati per anni a stendere vacue prose cortigiane (Levi era tutt'altro che insensibile all'adulazione), puntando sull'esaltazione di qualità dell'animo come la bontà. Non possiamo non ricordare, altra faccia della stessa medaglia, anche un "levismo lucano", praticato soprattutto in ambienti meridionali che, per comprensibili ragioni campanilistiche, avrebbero voluto e tuttora vorrebbeo un "don Carlo" essenzialmente paesano. Gli studi recenti su Levi lo stanno restituendo alla sua complessità, facendo tra l'altro giustizia dell'etichetta di scrittore 'meridionalista', o viceversa portavoce di problematiche del tutto superate già nel dopoguerra, mistico e decadente prigioniero di una personale mitologia del Sud d'Italia, incapace di cogliere i cambiamenti, di vedere il nuovo. Un Levi, dunque, perennemente confinato tra le poetiche argille di Aliano, o, al più, affabulante tra gli tellettuali 'impegnati' nell'epoca della divisione planetaria in blocchi contrapposti (ne accenna qui anche Rosa Russo Iervolino). In definitiva, un Levi 'datato', al punto da essere del tutto inservibile per capire chi siamo e dove stiamo andando in questo terzo millennio. (Dal saggio di Guido Sacerdoti "Questa mostra")