Zia Lydia colleziona assolutamente tutto, dagli orsi intagliati alle gondole portamatite, per "amore dell'arte e di tutto ciò che dà un senso al passato". Trascorre tre quarti dell'anno viaggiando in ogni parte del mondo, e a volte ne fa ritorno con cimeli identici a quelli della spedizione precedente. Il nipote adottivo, un "bimbo né semplice né innocente... piuttosto che andare a dormire presto, la sera, riempiva il letto di lumache piccole e grandi", attenta in tutti i modi all'integrità delle collezioni: si soffia il naso nel prezioso fazzoletto di Liselotte von der Pfalz, disperde al vento le ceneri del famoso "mucchio di letame praghese", che all'occasione aveva salvato la vita agli ambasciatori imperiali, defenestrati. Nella vita quasi comica dei due entra un personaggio ancora più strambo, tale Philipp Roskol, accreditato presso i migliori salotti come sottile conoscitore delle arti e raffinato antiquario; ufficialmente precettore del ragazzino e consigliere artistico, in realtà diviene amante della zia. Imbroglione di sconfinata fantasia, Roskol inventa personaggi, scuole e opere mai esistite. Il ragazzino inizia a dedicarsi a sua volta alla pittura, e scopre in zio Philipp uno dei più grandi falsari della storia dell'arte... Apparso negli anni Cinquanta, questo romanzo è un vero circo di buffoni e impostori, di eccentrici e falsi gentiluomini.