Il catalogo raccoglie un selezione significativa delle opere della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ed è stato realizzato in occasione della mostra organizzata a Montecarlo. Il titolo, "Glowbowl", è già molto significativo ed è frutto di una profonda riflessione sulle conflittuali tendenze odierne. Globalizzazione da un lato e dall'altro il circolo chiuso dell'arte contemporanea: una forte luminosità all'interno di uno spazio ristretto, come una sfera, e il mondo attorno che sta a guardare. In particolare in questa raccolta si è cercato di dare importanza soprattutto alle opere e non tanto ai nomi dal momento che il successo di un'opera d'arte è determinato dalla tensione tra oggetto e artista. Se si valuta una collezione dall'elenco dei nomi, infatti, si può avere la migliore collezione al mondo ma non funzionerà se le opere non sono all'altezza della reputazione dei loro autori. Da qui nasce l'idea di cercare un'opera che apportasse alla collezione altri punti di vista, altri percorsi. Il concetto che sta alla base di "Glowbowl" è quello di creare storie diverse che esulano dalla storia della collezione. C'è il ritratto e l'autoritratto in forme diverse, Matthew Barney, Pawel Althamer o Yinka Shonibare solo per fare qualche nome. C'è la dimensione urbana con Struth, Lockhart o Orozco. Il tema dell'identità con Shirin Neshat, Lina Bertucci o Douglas Gordon. Ogni istante della mostra dovrebbe creare una tensione con quello appena trascorso e quello a venire. Una sorta di scatola cinese. "Glowbowl" è come un buon film che non parla della realtà ma dei modi di guardare la realtà; non parla del mondo, ma dei modi di sentire il mondo, un modo diverso per raccontare la tormentata storia d'amore tra uomini e vita.