Campo estrattivo di El Feel, Libia sudoccidentale. Il complesso di cisterne, pozzi e sistemi di tubature si estende su una piana arida. Una pista di decollo presidiata da carri armati corre accanto al giacimento petrolifero. Una recinzione di filo spinato isola le tende della sezione prigionieri, montate a ridosso di una duna. Sceso dall'elicottero da trasporto tattico, Green Stone raggiunge la baracca dove condurrà l'interrogatorio. All'interno tre batterie d'automobile, bottiglie d'acqua e un kit per il pronto soccorso. Odore di chiuso, di sabbia, di sudore. Il mercenario serbo della Wagner è seduto con le mani legate dietro la schiena. Ha un occhio pesto e un livido sullo zigomo, l'orecchio sinistro rosso e gonfio, numerose ecchimosi sul torso. Il tatuaggio di una testa di tigre sull'avambraccio destro. Green Stone, primo maresciallo del 4° Reggimento alpini paracadutisti, inviato in missione dall'AISE, sa bene che indurre a collaborare un soggetto del genere sarà molto dura. Eppure questo è niente a confronto di ciò che lo aspetta in un paese sprofondato nel caos, tra milizie in conflitto permanente, interessi stranieri nello sfruttamento delle risorse naturali, tratta dei profughi e criminalità organizzata. Nel pericoloso intreccio dei giochi di potere e delle strategie geopolitiche sarà già un successo restare vivo.