Torna indietro

I PROMESSI SPOSI

I PROMESSI SPOSI
Ebook
con Adobe DRM
Editore:
Niccia
Pubblicato:
05/07/2019
EAN-13
1230003308899

Descrizione

Guido da Verona

I PROMESSI SPOSI

DAL LIBRO: Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli (tali notizie noi ricaviamo da un Manoscritto del Milleseicento, nel quale è narrata la presente istoria) è un lago esclusivamente d'acqua dolce, a differenza del Mar Caspio o del Mar Morto, che son salati per pura combinazione. Il suddetto ramo, strada facendo, vien, quasi d'un tratto, a restringersi formando in luogo la città di Lecco, i cui abitanti diconsi Leccobardi; gente industriosa e di grande malizia, che, per potervi gettar sopra un ponte, costrinsero il lago a divenire un fiume.

Fra le altre anomalie che presenta questo ramo, v'è ancor quella di lasciarsi circondare, come già dicemmo, da due catene non interrotte di monti, le quali, se si fossero avvicinate ancor più, avrebber costretto il lago di Lecco a trasferirsi altrove; per esempio nel Tavoliere delle Puglie, dove i laghi sono oggetti da collezionista, oppure nelle immediate vicinanze di Milano, dove gli edili, che non fanno complimenti, si sarebbero affrettati a ricoprirlo.

Tra queste montagne se ne trova una, che per la forma del suo cocuzzolo, a tutto somigliante fuorché ad una sega, viene appunto chiamato il Resegone. Gli abitanti delle due rive lacustri si occupano a far formaggi; nelle ore libere, a pescare il pesce fritto. Si comprende come tutto il paesaggio, erto, frastagliato, scosceso, pittoreschissimo, sia solcato da ottime strade automobilistiche, alcune delle quali, nell'attesa che il senator Puricelli voglia decidersi a pavimentarle, serpeggiano e corron tra i boschi, irte di sterpi, sparse di ciottoli, sotto il modesto appellativo di sentieri.

Per una di quelle stradicciuole tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, su la sera del 7 novembre 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate sopra, (cioè nella bellissima descrizione che non figura in cotesta edizione;) diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario tenendovi dentro l'indice.

Dopo qualche passo gli sembrò di aver perduto l'indice.

Riaperse il libro, e vi trovò drento l'indice.

Lietissimo di tale recupero, egli giunse frattanto ad una svolta, dietro la quale c'era un bivio, e, sul bivio, un tabernacolo. Dietro il tabernacolo correva un muricciuolo. A cavalcioni del muricciuolo v'era un bravo. Non a cavalcioni del muricciuolo, bensì a ridosso del tabernacolo, era un altro bravo.

Vedendo il curato, entrambi si levarono. Cioè, si levò soltanto quegli ch'era seduto, perch'è impossibile che uno si alzi quand'è già in piedi.

Che fare? Tornare indietro non era più a tempo; darsela a gambe sarebbe stato lo stesso come dir loro: «Inseguitemi». Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, e quando si trovò a fronte dei due galantuomini si fermò sui due piedi.

- Signor curato, - disse uno di que' due, squadrandolo con occhi tutt'altro che benevoli.

- Cosa comanda? - rispose don Abbondio, mentre annusava con un sorriso gelido la solita presa di tabacco.

- Lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella...

- Cioè... - rispose don Abbondio, con voce da declamatore alla Radio; - lor signori son uomini di mondo...

- Orbene, - disse il bravo numero uno; - questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai.

- Ma signori miei... - tentò di replicare don Abbondio, soffiandosi il naso greco in un largo fazzolettone rosso e blu; - si degnino di mettersi ne' miei panni... il povero curato non c'entra... vedon bene che a me non ne vien nulla in tasca...

È appunto per ciò, - disse il bravo numero due, - che abbiamo incarico di rimetterle questa busta. - Poi tossì, e toltosi con ossequio il cappellone piumato: - Signor curato, -aggiunse a mo' di commiato - l'illustrissimo signor don Rod