Si parla tanto di privacy, ma che senso ha questa parola se in realtà tutto è pubblico, esibito, amplificato dall'eco che questa esposizione provoca sempre più spesso? La realtà è ormai quella mediatica sui social, mostrata, gridata, giudicata, criticata, come un effetto domino che genera offese e insulti. Un rimbalzo inarrestabile, perché tutti si sentono partecipi di tutto, e ogni parola, ogni gesto, ogni immagine hanno moltiplicazioni quantistiche. Perché nessuno resiste più alla tentazione di scrivere un pensiero sui nuovi spazi online, un parere che magari nasce come istinto positivo e nobile, e già dopo pochi minuti è bersagliato da una valanga di critiche e minacce. I cosiddetti social sono diventati catalizzatori di odio, violento, livoroso e la pandemia ha amplificato questa specie di gioco al massacro che pare ormai inevitabile. Una spirale che può anche portare a conseguenze estreme, forse troppo difficile da capire in quella sfera degli istinti animali a cui si lasciano andare gli uomini. Pure se gli animali, spesso, sono meglio degli uomini.

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