Fin dal monologo iniziale, Giorgio, l'insegnante, lascia intendere che da un po' di tempo lo assilla un pensiero fisso, lo stesso pensiero che nel tempo ha tentato di cacciare oltre i confini della sua ragione, al di là della sua coscienza consapevole. Adesso, in maniera del tutto naturale, si rende conto di non poter più tacere nemmeno a se stesso quel desiderare un figlio maschio, un figlio speciale sul quale riversare il suo amore e, soprattutto, il suo sapere enciclopedico. In un confronto serrato con la vecchia madre, all'insegna di qualche equivoco imbarazzante, si comprende che Giorgio desidera avere un figlio anche per colmare la solitudine dell'intellettuale senza scopi. E quando il figlio, Marco, si materializza nella sua realtà e nei suoi pensieri, allora, passata la prima euforica tempesta di emozioni, si rende conto che la paternità non ammette silenzi né pause o interruzioni. Comprende che la quotidianità della vita e le normali esigenze di un bambino possono diventare degli ostacoli insormontabili alla sua ascetica libertà.