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La festa dell'insignificanza

La festa dell'insignificanza
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26 punti carta PAYBACK
Brossura:
128 Pagine
Editore:
Adelphi
Pubblicato:
29/10/2013
Isbn o codice id
9788845928543

Descrizione

Gettare una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare una sola frase seria, subire il fascino della realtà del mondo contemporaneo e al tempo stesso evitare ogni realismo - ecco "La festa dell'insignificanza". Chi conosce i libri di Kundera sa che il desiderio di incorporare in un romanzo una goccia di "non serietà" non è cosa nuova per lui. Nell'Immortalità Goethe e Hemingway se ne vanno a spasso per diversi capitoli, chiacchierano, si divertono. Nella Lentezza, Vera, la moglie dell'autore, lo mette in guardia: "Mi hai detto tante volte che un giorno avresti scritto un romanzo in cui non ci sarebbe stata una sola parola seria ... Ti avverto però: sta' attento". Ora, anziché fare attenzione, Kundera ha finalmente realizzato il suo vecchio sogno estetico - e "La festa dell'insignificanza" può essere considerato una sintesi di tutta la sua opera. Una strana sintesi. Uno strano epilogo. Uno strano riso, ispirato dalla nostra epoca che è comica perché ha perduto ogni senso dell'umorismo.

La nostra recensione

Un divertissement d’autore che riprende uno dei temi preferiti da Kundera, dal L’insostenibile leggerezza dell’essere in poi, cioè quel gusto estetico di non prendere nulla sul serio, che rivela la paura di essere ferito dai sentimenti. S’intrecciano pensieri e parole di quattro amici parigini di diverse età ed estrazioni: Alain, che è stato abbandonato in fasce dalla madre, divaga riflettendo sull’evoluzione degli orientamenti erotici maschili; Charles, la cui madre è morente, immagina uno spettacolo di marionette su Stalin che prende in giro i suoi accoliti; Caliban, attore disoccupato, fa il cameriere per il catering di Charles fingendosi pakistano; Ramon elabora una teoria sulla mancanza di seduttività dell’arguzia e proclama la sua filosofia: “Da tempo abbiamo capito che non era più possibile rivoluzionare questo mondo, né riorganizzarlo, né fermare la sua sciagurata corsa in avanti. Non c’era che un solo modo possibile per resistere: non prenderlo sul serio.” Un clima felliniano pervade tutta l’opera, come felliniana è la scena conclusiva nei giardini del Lussemburgo, dove un coro di bambini accompagna l’uscita di scena di Stalin vestito da cacciatore sopra un calesse rosso e giallo.
Daniela Pizzagalli