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Rete padrona. Amazon, Apple, Google & co. Il volto oscuro della rivoluzione digitale

Rete padrona. Amazon, Apple, Google & co. Il volto oscuro della rivoluzione digitale
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34 punti carta PAYBACK
Rilegato:
278 Pagine
Editore:
Feltrinelli
Pubblicato:
03/09/2014
Isbn o codice id
9788807070365

Descrizione

"Mi trasferii a San Francisco nel 2000 per vivere nel cuore della Silicon Valley la prima rivoluzione di Internet. Ci ritorno oggi da New York e ho le vertigini, e un senso d'inquietudine. La velocità del cambiamento digitale è stata superiore a quello che ci aspettavamo e ormai la Rete penetra in ogni angolo della nostra vita: il lavoro, il tempo libero, l'organizzazione del dibattito politico e della protesta sociale, perfino le nostre relazioni sociali e i nostri affetti. Ma la Rete padrona ha gettato la maschera. La sua realtà quotidiana è molto diversa dalle visioni degli idealisti libertari che progettavano un nuovo mondo di sapere e opportunità alla portata di tutti. I nuovi Padroni dell'Universo si chiamano Apple e Google, Facebook, Amazon e Twitter. Al loro fianco, la National Security Agency, il Grande Fratello dell'era digitale. E poi i regimi autoritari, dalla Cina alla Russia, che hanno imparato a padroneggiare a loro volta le tecnologie e ormai manipolano la natura stessa di Internet. Con questo libro vi porto in viaggio con me nella Rete padrona. E un viaggio nel tempo, per confrontare le speranze e i progetti più generosi di un ventennio fa con le priorità reali che plasmano oggi il mondo delle tecnologie. E un viaggio tra i personaggi che hanno segnato quest'epoca, da Bill Gates a Steve Jobs, a Mark Zuckerberg, e tra tanti altri profeti e visionari meno noti, che già stanno progettando le prossime fasi dell'innovazione."

La nostra recensione

Chi si ricorda ancora le parole di Larry Page e Sergey Brin, i fondatori di Google, che nel 1998 affermavano risolutamente che mai e poi mai il loro motore di ricerca avrebbe ospitato pagine pubblicitarie? Parole che oggi corrispondono al vero solo per la home page ma per il resto sappiamo come sono andate le cose. E questo è solo un esempio dell’occupazione commerciale e finanziaria di quello spazio libero e comune che doveva essere internet e che, conquistato dalle grandi aziende high tech, è diventato ormai una macchina per far soldi. L’idealismo delle origini, l’innovazione, la libertà finiscono per convergere inevitabilmete nel profitto, e anche a ritmi piuttosto rapidi. I protagonisti della fase 1 (libertà democratica) e della fase 2 (egemonia economica) sono per lo più gli stessi. Facciamo i nomi? Steve Jobs, Bill Gates, gli stessi Page e Brin, Mark Zuckerberg: sono solo i più noti (e i più ricchi). Internet, che doveva liberare tutti, sta invece formando ristretti gruppi di potere commerciale e finanziario chiusi e monopolistici, creando sì enorme ricchezza che però non è distribuita, provocando anzi spesso condizioni di lavoro da servitù della gleba. Per non parlare poi della sorveglianza a cui siamo sottoposti: spiati, controllati, derubati dei nostri dati personali utilizzati poi dalla più grande e potente macchina di marketing che si sia mai vista. Essere critici del “totalitarismo tecnologico” non significa però rifiutare l’evoluzione tecnologica, ma metterla di fronte a responsabilità e doveri per controllarla meglio, sfruttando della tecnologia gli innegabili benefici, evitandone però i rischi di derive conformistiche ed egemoniche. Liberi o schiavi? Questo è il dilemma nell’era dell’onnipotenza digitale. Trovare risposte non è certo semplice, quindi la chiarezza, la lucidità e la competenza di Federico Rampini possono essere sicuramente una guida preziosa, accurata e affidabile. E del resto, suggerisce Rampini, non è certo necessario - né forse ormai possibile - cercare di rifugiarsi in una sorta di primitivismo pre-digitale perché, come indicano alcuni autorevoli esponenti “tecno-ottimisti”, lo sviluppo esponenziale del progresso tecnologico potrebbe diventare una salvezza per i tanti problemi che assillano l’umanità. Ripartire da loro è una scommessa, ma anche una speranza.
Antonio Strepparola