New Mexico settentrionale. Fra scarpate ripidissime e torrenti polverosi, canyon scolpiti dall'evoluzione geologica e dita di lava annerite dalla fuliggine, le tribù dei tewa, degli zuni e degli hopi hanno intessuto per secoli fantasmagoriche reti di corrispondenze fra animali, stagioni e spiriti stellari nel tentativo di imbrigliare i capricci di un mondo minaccioso e multiforme. A poca distanza dalle loro quattro Colline Sacre, un'altra tribù - quella dei biologi, dei fisici e degli informatici di Los Alamos e Santa Fe - sta elaborando nuove teorie da sovrapporre alle irregolarità che ci circondano. Il cammino degli scienziati sembra però arrivato a un punto di non ritorno. In cima a vette di astrazione sempre più vertiginose oscillano particelle trasformate in aloni di pura probabilità, galassie tenute insieme da una materia oscura e invisibile, quark, funzioni d'onda e universi di bit sempre più impalpabili e lontani dalla nostra esperienza. Ecco allora che si riaccende un dubbio antichissimo: le geometriche cattedrali della fisica e della matematica riflettono davvero l'ordine del mondo o proiettano soltanto la sete di forme del nostro intelletto? La scienza non sarà, in fondo, un sofisticato intarsio di dati entro una cornice finemente intagliata, una nuova fiaba delle origini non diversa dalla Cacciata dal Paradiso o dai miti pueblo della Creazione? Stretti fra i due estremi del relativismo e dell'oggettivismo irriflesso, proprio a Santa Fe i teorici della complessità sembrano proporre una risposta alternativa. La predilezione per strutture e regolarità non è solo una caratteristica del nostro cervello, bensì della materia stessa, inesorabilmente spinta ad autorganizzarsi in livelli crescenti di ordine e simmetria. E' un fuoco naturale che infiamma la nostra mente e da cui, a dispetto di qualsiasi legge dell'entropia, prende vita l'intero universo.