Da sette ore il commissario De Vincenzi sta interrogando il sospettato. Sono le cinque del mattino e il russo Ivan Kiergine, capelli biondi come i fili di una pannocchia e occhi azzurri come l'acqua di un fiordo, non accusa la minima stanchezza. Rispondendo impassibile alle domande senza dare segni di cedimento, dice di non aver ucciso Paulette Garat, la sua amante; anzi è sicuro che sia viva. Del resto il corpo della donna non è stato rinvenuto. Ma sul fondo del motoscafo con cui la coppia era solita uscire in mare dalla spiaggia di San Remo c'era una pozza di sangue. Abbandonati a bordo, una borsetta di coccodrillo, un ombrellino e un impermeabile rosso. Dopo l'ultima gita al largo nessuno ha più visto lei, mentre lui è stato fermato alla stazione di Milano appena sceso dal treno. L'uomo ha un passaporto sovietico: che si tratti di un affare di spionaggio? De Vincenzi ne dubita, e intanto si dispera. Come se non bastasse, piove da tre giorni e un'afa pesante e viscida incombe sulla città. Sicché, quando gli annunciano il ritrovamento di un cadavere, è pronto a partire. Sulla Riviera lo attende il sole, e magari uno spiraglio di luce che dissolva le nebbie del mistero.